Come passa il tempo quando ti diverti eh!! 😀
Forse ti sarai chiesto/a anche tu come mai questo silenzio stampa prolungato, e perché torno a scrivere proprio adesso?
Ringrazio di cuore tutti quei lettori che hanno avuto l’intraprendenza, in questi ultimi due anni, non soltanto di chiedermi il contatto di Isha Italia ( spero di aver inserito tutti nella chat del gruppo) ma anche di scrivermi due righe e lasciare dei commenti, mantenendo “in vita” questo blog altrimenti abbandonato a se stesso.
E’ sopratutto grazie a voi, e alle vostre visite, alle parole di apprezzamento e alle dimostrazioni di interesse ed entusiasmo crescente verso le pratiche e le esperienze di cui ho scritto, che ho deciso di tornare a scrivere.
Con questo articolo provo a dare risposta ad alcune delle domande ricevute finora, approfittandone per rielaborare la mia esperienza dell’ultimo biennio e fare chiarezza nel luogo che più ne ha bisogno: me stesso.
Riprendo le domande in ordine sparso, ringraziando in particolare Luca M per l’interessamento, e sperando che le risposte possano essere di interesse anche per altri praticanti Isha e di Yoga in generale.
Sommario
Mi piacerebbe parlare di “evoluzione” ma, nella realtà dei fatti, più che “evolute” direi che le mie pratiche si sono sono egregiamente “adattate” alle condizioni interne ed esterne di questo periodo storico così particolare che stiamo vivendo.
Negli ultimi due anni, e non credo valga solo per me, varie circostanze hanno congiurato in modo piuttosto deciso per farmi allontanare dallo Yoga e ridurre il tempo da dedicare alle varie pratiche Isha, se non mollarle del tutto.
La combo micidiale nel mio caso è stata: Lockdown dei corsi + Ginocchio dolorante + Mole di lavoro.
Iniziamo dalla Pandemia, che ha costretto ad uno stop quel fiume in piena che erano i programmi della scuola Isha in tutto il mondo, e ha smorzato anche quel fiume in piena che era il mio entusiasmo per lo Yoga, impedendomi di partecipare ad altri corsi come Yogasanas, Shakti Chalana, Shoonya, Bhava Spandana etc.. che erano già da tempo nel mio radar.
E’ stata dura per me accettare che, proprio nel periodo di “picco” dove stavo cogliendo i maggiori benefici dallo Yoga e i miei livelli di energia e motivazione erano al massimo storico, non avrei potuto fare più nessun corso, non avrei avuto più accesso a nessun insegnante di persona, non avrei potuto condividere con altri praticanti e amici l’avventura delle classi di Isha Yoga.
Ma, “the way it is, is the way it is” e comunque lo scherzo migliore che il destino aveva in serbo per me doveva ancora venire. Proprio in quel periodo della prima ondata realizzai che se anche non ci fosse stato il Covid, un ostacolo ben maggiore e più insidioso si poneva letteralmente a gamba tesa tra me e i miei progressi nella via dello Yoga: il mio ginocchio destro.
I fastidi al ginocchio cui avevo accennato nel post di bilancio 2019 sono esplosi di intensità intorno a Febbraio 2020, al punto di provocarmi dei dolori così forti da impedirmi di camminare, e anche di dormire (i dolori venivano a farmi visita soprattutto alla sera/notte).
Non sto qui a tediarvi con tutti i dettagli della faccenda (su cui scriverò magari un post a parte, se interessa, su come abbia affrontato il problema e come ne sia, parzialmente, uscito) ma la sostanza è che anche senza il vincolo del lockdown, la condizione “clinica” delle mie gambe era tale che non avrei potuto partecipare a nessun programma di Yoga nuovo.
Il mio corpo non era pronto ad aggiungere altra “carne al fuoco” oltre a tutta quella che già avevo messo a cuocere nell’anno precedente ( 2019). Anzichè aggiungere altre pratiche, avrei dovuto toglierne e trovare quella combinazione minima di processi (tra quelli che avevo appreso, ovvero Angamardana, Surya Krya e Shambhavi Mahamudra) che mi avrebbero permesso di mantenere un ritmo di pratica quotidiana regolare di max 90 minuti senza però innescare dolori e peggiorare la situazione del ginocchio.
Mi sono trovato quindi nella bizzarra condizione di soffrire perchè praticavo troppo poco, costretto ad osservare su me stesso una riduzione dei livelli di energia e di leggerezza corporea che erano invece all’apice fino a pochi mesi prima, quando avevo ancora un corpo che collaborava in toto.
Col tempo ho imparato a valorizzare al meglio il minore tempo, convincendomi sempre più che non è la quantità di tempo di Sadhana quel che conta (2h, 3h, 5h) ma la qualità dell’intenzione e, come vedremo, della percezione.
Ho abbracciato insomma una sorta di “minimalismo Yogico”, smaltendo anche una certa “compulsione” verso la pratica stessa, (dover fare tanto, dover fare ancora nuovi corsi, fino al limite delle proprie capacità) dalla quale forse avevo bisogno di prendere un pò di sana distanza.
Infine il lavoro e le responsabilità sulla sfera professionale sono cresciuti tantissimo a partire dal primo lockdown. Il che è stata certamente una fortuna, se penso ad altri settori colpiti invece molto duramente come il Travel, ma dall’altra mi ha allontanato “mentalmente” da ciò cui avrei voluto dare maggiore priorità.
Il settore dell’Education online, che è quello dove ho la fortuna di lavorare da qualche anno, ha visto una crescita senza precedenti già con la prima ondata, e sarebbe stato da stupidi non approfittarne – anche considerato che ho pur sempre una famiglia di 3 persone che dipende dal mio reddito -.
Per cui ci sono stati nuovi progetti da lanciare, nuove assunzioni, quindi molte più persone da gestire, molte più cose a cui pensare, e in sostanza, meno tempo, energie ed attenzione da dedicare al Sadhana, ai Satsang online, e alla dimensione spirituale in senso lato (per non parlare dello scrivere sul blog 😀 ).
Il problema qui non era solo la minore allocazione di tempo alle pratiche. Il problema era che anche durante le pratiche, io di fatto passavo buona parte del tempo a lavorare, pensavo a problemi da risolvere, discutevo con il capo e i colleghi e tutto il resto. E questo quando accade non giova particolarmente al Sadhana, (e tecnicamente non credo sia neppure catalogabile come Sadhana) 🙂
Ecco, in tutto questo marasma di circostanze, come dicevo le pratiche Isha si sono sostanzialmente adattate, come uno strumento morbido e flessibile, alle varie mutazioni della vita e alle diverse “stagioni” ed esigenze.
Come un fedele compagno, la triade Angamardana, Surya Krya e Shambhavi mi ha accompagnato attraverso la pandemia, i problemi fisici, e tutte le richieste e responsabilità crescenti incontrate sul lavoro.
Non un singolo giorno è passato senza che io mi alzassi almeno 1h prima di tutti per fare quel set minimo di pratiche che alla fine ho “indossato” come una sorta di fasciatura di sostegno per il mio corpo un pò infragilito e per la mente sempre più “tartassata”.
E non so bene neppure io come ci sia riuscito, ma ne è valsa la pena.
Questo “filo rosso” dello Yoga, sebbene decisamente meno spesso di quello dei primi tempi, mi ha permesso di affrontare egregiamente la Pandemia.
In particolare la lunga fase di isolamento domestico, con tutti i problemi derivanti dall’avere due figli preadolescenti in casa full time, avrebbe potuto rendermi totalmente folle in altre circostanze, e invece l’ho attraversata con una serenità ed equilibrio che ho visto in poche altre persone intorno a me in quel periodo.
Il mio kit di “pratica compatta”, per quanto meno potente delle routine di 3.5 ore del primo anno, mi ha permesso di mantenere dei livelli di energia accettabili durante la giornata, grazie ai quali ho potuto sostenere ritmi di lavoro e responsablità di calibro ben maggiore di quelle che avevo avuto sino all’anno prima, e di farlo dormendo una media di 6 ore a notte.
Ricordo poi diverse occasioni in cui, quando intorno a me regnava il caos e vedevo le persone totalmente incapaci di mantenersi concentrate e fare “mente locale” sia sul lavoro che in famiglia, i miei livelli generali di focus e di lucidità non sono mai scesi sotto una soglia troppo critica.
Solo in un paio di occasioni mi sono sentito particolarmente attratto da spirali depressive e di pessimismo cosmico, ma ho sempre recuperato nel giro di qualche giorno.
Ecco, per rispondere ad un altra domanda di Luca, se dovessi dire che cosa ho trovato di unico e speciale nella via dello Yoga di Sadhguru, rispetto ai percorsi precedenti con il Buddhismo Theravada, è proprio il fattore energia.
Non so se sia perchè il nostro SG è un maestro del tantra, o se sia pure autosuggestione, ma i livelli di energia che sento “sostenermi” prima durante e dopo le pratiche Isha, è di una qualità e portata che non avevo mai sperimentato con la meditazione Vipassana, lo Zen o la Mindfulness. E neppure con le pratiche di tai chi e qi gong, espressamente volte a coltivare l’energia!
Una cosa interessante che ho notato su Shambhavi è quanto sia anch’essa duttile e “adattiva” o “responsiva” ai livelli di intensità e presenza che le vengono offerti/applicati.
Le volte in cui faccio quello che la pratica richiede, ovvero mettere da parte “me stesso” e i miei cortometraggi mentali (le psico-cazzate) per dare attenzione a quello che accade nel corpo e nella mente, Shambhavi non tarda mai a “premiarmi”, soprattutto nella fase finale del processo, con uno stato di “vibrazione” e frequenza generale che è difficile passi inosservato (per me e anche per gli altri, esseri umani, animali e piante incluse) .
Questo non vuol dire che io abbia raggiunto chissà quale stato di coscienza, rispetto a due anni fa, ma quel che noto è che quando riesco a togliere importanza alla mia mente (lavoro, figli, drammi vari) e lascio la scena semplicemente al processo del momento, l’intensità della vibrazione di vita che posso percepire sia in me che intorno a me, è quasi matematicamente maggiore.
In quei momenti capisco cosa intende Sadhguru con l’espressione “essere un tempio che cammina“.
E comprendo anche l’importanza di quel compito apparentemente triviale del “mantenere pulito quel tempio” che è l’ambiente fisico e mentale in cui abitiamo ogni istante.
Ecco, forse quello che è cambiato, negli ultimi due anni, è che ho imparato a riconoscere un pò prima e un pò meglio lo “sporco” e la “polvere” che offuscano la presenza di quel fuoco vivo e freddo iniettato o meglio acceso e risvegliato da Sadhguru durante l’iniziazione a Shambhavi di Londra 2019.
Non riesco ancora a spazzar via la fuliggine sempre e subito con un colpo di spugna, o a ridurre a comando l’importanza del dialogo interiore, ma mi sembra sia diventato un pò più facile dimorare in quello spazio di “stillness”, accedere a quel “riverberare” fine a se stesso, che fa “sorridere anche le ossa”.
Le volte – ancora troppo poche, ma un pò più frequenti di prima – in cui quel livello di essere risplende attraverso di me, riesco a comunicare qualcosa di sostanziale tutto intorno, che vale più di mille parole.
Non serve spendere voce in tanti discorsi, basta solo emettere quella particolare frequenza, irradiata da non so quale corpo sottile, per cambiare radicalmente l’energia di una stanza, il mood di una video call su zoom (anche a Video spento ! ), e l’atteggiamento di chi mi sta intorno .
E riconosco/comprendo ancora più di prima l’importanza prioritaria che ha la percezione, sulla riflessione. Percepire la vita, nella sua fragilità, delicatezza e brevità, come un fatto di esperienza, corporeo prima che mentale.
Comprendo, più di due anni fa, quanto sia vitale dare priorità a quello che ha più valore di tutto ma resta abilmente nascosto dietro le coltri della mente umana: la vita pulsante, fugace, in costante divenire.
E non si tratta di pensare alla fragilità della vita, ma di sentirla, di farne esperienza.
In questa sottile distinzione sta tutta la differenza tra percorrere davvero un cammino spirituale, e pensare di farlo.
Forse è anche per questo che non ho scritto più su questo blog per altri 18 mesi, quando avevo già smesso per i precedenti 6…
E tu? Come risponderesti a queste domande? Condividi la tua esperienza nei commenti qua sotto!
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Roberto, ben tornato...grazie per gli spunti sempre molto interessanti....il blog contiene delle informazioni molto utili per chi si accosta al mondo della meditazione;
infatti, permetti di orientarsi in un cosmo alquanto articolato.
ultimamente ho riletto la sentita recensione del libro dei segreti e mi sono ripromesso di acquistarlo a breve...
grazie ancora e lunga vita al blog.
namaskar
Andrea
Grazie Andrea, commenti come il tuo mi fanno guardare a questo blog con occhi diversi.
E trovare la motivazione per tenerlo ancora in vita a lungo (almeno spero! :-D )
Namaskaram
Roberto
Namaskaram roberto
È stato davvero molto bello ed entusiasmante leggere le tue esperienze con shambavi.
Da parte mia, mi rivedo nelle tue esperienze e "problematiche" in più battute:
Pratico ogni giorno (anche se a volte è dura alzarsi alle 5.30 del mattino) upa-yoga, angamardana, surya krya, yogasanas, isha krya e Aum chant. Tutte pratiche che ho appreso da 1 anno a questa parte(considerando che Ci sono stati circa 5 mesi di lockdown). Spesso ( la maggior parte delle volte, nonostante dopo mesi Di PRATICHa la mia attenzione è migliorata) sono solo con il corpo a praticare, ma con la mente preso dagli impegni lavorativi e non che si apprestano ad arrivate in quella che sarà la giornata che mi aspetta.
Ma nonostante ciò i benefici delle pratiche, anche se proporzionali all'attenzione che ci metto non tardano ad arrivare appena finite le mie pratiche sentendo un senso di leggerezza e vibrazione in tutto il corpo, esperienza che mi fa sentire più vivo e gioioso di affrontare la routine quotidiana. Queste sensazioni mi accompagnano per non più DI 2 ore dopo il mio SADHANA, fino a che la compulsività generata dalla quotidianità dalle abitudini prende il sopravvento.
Oltre questi benefici "diretti" che si accentuano di intensità sopratutto nel weekend( sicuramente perché dormo di più e mentalmente sono staccato dal lavoro e dagli impegni) ci sono quelli "indiretti" molto più sottili che sono arrivati a poco a poco da quando pratico che sono: gestire meglio stress, le ansie, i conflitti interiori ed esteriori, RIesco ad essere più attento e produttivo a lavoro... certo, ci sono periodi più o meno lunghi in genere non più di 1 settimana nei quali mi sento depresso, meno entusiasta per la mia vita, ma sono di certo meno frequenti e molto più gestibili di quelli che mi accompagnavano quasi costantemente prima che cominciassi a praticare yoga e a seguire sg...
Una cosa che ho notato è che quando sono giù di morale e pratico yoga, come fosse una pozione chimica, dopo la pratica quella sofferenza semplicemente scompare, per poi ritornare a volte dopo qualche ora (quando perdo il contatto con la presenza mentale, e ritorno ad identificarmi con i miei pensieri ed emozioni)...
Ci sono inoltre i benefici fisici che sono quelli arrivati più velocemente e visibili in modo lampante come la flessibilità, la forza fisica, mal di schiena scomparso, salute fisica migliorata ( non ho mai preso da quando pratico raffreddore, febbre o un semplice mal di gol)
Anche la mia allergia al polline, quest'anno è stata meno aggressiva.
E per finire i benefici legati ai livelli di energia anche questi abbastanza concreti e visibili considerando che mi sento molto meno spossato e stanco dormendo molto meno rispetto a prima(sono passato da un minimo di 7.30 ore di sonno per vivere una giornata con livelli di energia accettabili ad u minimo di 6)...
È buffo rendersi conto adesso dopo aver fatto questa personale analisi interiore ed averla riletta come si palesano le parole di Sg quando dice che lo yoga lavora attraverso le nostre 3 dimensioni fisiche( corpo, menet-emozioni ed energia).
Grazie Luca della condivisione.
Mi ritrovo in molte cose che dici, e credo valga almeno per il 95% dei praticanti Isha. :-D
Namaskar
Roberto