La tecnica dell’ancoraggio invertito: come sfruttare le abitudini negative per portare più consapevolezza durante le ore di lavoro

Come sarebbe diversa la nostra vita se potessimo arrivare a sera, dopo una giornata di lavoro, sapendo di aver trascorso la maggior parte del tempo consapevoli, presenti e padroni di noi stessi?

Non so te, ma io ho sempre avuto grosse difficoltà a rimanere presente e funzionare come un essere altamente cosciente nelle ore in cui sono al lavoro. Sarà che il tipo di attività che svolgo è all’ 80% davanti allo schermo di un computer, che sembra fatto apposta per trascinare la mente verso dimensioni lontane da sè e da ciò che è più vivo e “reale”, ma restare consapevole quando lavoro è sempre stato dannatamente difficile.

E dato che le ore di lavoro sono oramai diventate per molti di noi la maggior parte delle ore di veglia della giornata, trascorrerle in uno stato di compulsione continua e catene di automatismi intervallate da rari momenti di presenza mentale e lucidità risulta un bel problema per chiunque ambisca ad una vita più cosciente senza chiudersi in un monastero o in un ritiro permanente.

Inoltre quando siamo poco o per nulla consapevoli di quel che facciamo (dentro di noi prima che all’esterno) è molto più facile fare errori e compiere azioni stupide o prendere decisioni sbagliate, che possono complicare la nostra vita lavorativa ben più del necessario.

Nel corso del tempo, diciamo pure negli ultimi 15 anni almeno, ho sperimentato diversi metodi per tentare di risolvere questo problema. In questo articolo voglio condividere con te una tecnica che, tra tutte quelle provate, ho trovato più efficace nell’aiutarmi a intensificare la presenza mentale e il livello di consapevolezza anche durante le ore di lavoro.

Io la chiamo la tecnica dell’ancoraggio invertito

Idea di fondo della tecnica e cosa richiede

L’idea di fondo consiste nell’ individuare un comportamento  – idealmente un gesto compulsivo di cui vorremmo sbarazzarci –  che ricorre con una certa frequenza durante le ore di lavoro, e trasformarlo in una opportunità di pratica che intensifichi il livello di consapevolezza e innalzi  la soglia di coscienza in cui ci troviamo in quel particolare momento.

Applicare l’ancoraggio invertito è tremendamente semplice, ruba frazioni di tempo ridicole al lavoro, e richiede soltanto quattro ingredienti fondamentali che non dovrebbe esser troppo difficile reperire anche negli scenari più disperati:

  1. una abitudine, idealmente un tic nervoso, qualcosa che facciamo spesso durante la giornata
  2. carta e penna ( no, l’appunto digitale funziona meno, serve proprio scrivere a manina)
  3. una dose di attenzione da indirizzare verso l’interno, verso il respiro, un mantra o una delle 112 tecniche di meditazione per te più funzionali a riportarti nel presente
  4. l’intenzione e la determinazione di applicare la tecnica durante tutte le ore di lavoro

Ce li hai tutti e 4 gli ingredienti? Allora procediamo con il dettaglio della tecnica.

La tecnica passo passo

Ogni volta che scatta la tua abitudine, ad esempio

  • ti scopri a portare le mani alla bocca per morderti le dita come fossero ali di pollo fritte,
  • ti accorgi di sollevare e abbassare compulsivamente un tallone da terra manco fossi il batterista dei DreamTheatre in concerto
  • senti in bocca il sapore dell’ennesima nocciolina, arachide o altra sostanza introdotta per supplire ai morsi di una fame nervosa

sospendi per qualche istante quello che stai facendo, prendi subito carta e penna, e scrivi l’ora e il minuto in cui ti trovi. Ad esempio:

8:51

Fatto?

Bene, a fianco dell’orario, disegna un trattino orizzonate “-” ma fallo lentamente, in concomitanza con la tua prima inspirazione, fermandoti quando arrivi in apnea, proprio così:

8:51: –

poi aggiungici sopra un trattino verticale ” | ” sempre senza correre ma contemporaneamente alla tua espirazione, così da avere alla fine:

8:51: +

Il risultato sarà un bel “+” disegnato in conclusione del tuo primo atto respiratorio cosciente.  Tempo totale per l’operazione, in media, dai 4 ai 5 secondi.

Ripeti il processo per il numero di respiri che ti servono per intensificare la consapevolezza di te stesso, nel momento in cui ti trovi, fino al livello che ritieni accettabile.  Ad esempio se ti serviranno otto cicli respiratori consapevoli per raggiungere un grado di coscienza accettabile per te in quel momento, ti ritroverai con la notazione:

8:51: + + + + + + + +

Perché la tecnica funziona

Nota come il fatto di disegnare la linea orizzontale “-” proprio mentre stai inspirando, ti costringe ad essere consapevole della tua inspirazione così come disegnare la linea verticale durante tutta la durata della tua espirazione implica l’ essere cosciente della fase di espirazione.

Non puoi infatti disegnare un “+” se non hai completato un atto respiratorio consapevole. Per questo è importante svolgere la tecnica in modalità analogica, con carta e penna. Digitare un + o un – sul cellulare o dalla tastiera del PC, è certamente meglio che non fare niente, ma ho trovato sia più efficace la scrittura a mano in questo caso.

La scrittura a mano, attiva più parti del sistema nervoso e genera quindi un maggior coinvolgimento rispetto alla scrittura fatta su uno schermo digitale. Pensa all’arte della calligrafia, nello Zen, e quanto del suo significato spirituale perderebbe se venisse fatta non con pennelli ma con dei pennini digitali su ipad o simili.

La penna deve continuare a tracciare il segno, lentamente, fino a che non abbiamo concluso la fase inspiratoria o espiratoria e solo nella pausa tra le due la penna si stacca dal foglio.  La lunghezza dei tratti potrà quindi variare, a seconda di quanto durano le diverse fasi respiratorie. Anche la distanza tra le crocette potrà essere più ampia o breve, a seconda di quanto tempo intercorra tra un atto respiratorio e il seguente.

Una volta individuata l’abitudine, useremo quindi la forza della sua compulsione a nostro vantaggio facendone una sorta di “sveglia” per il nostro momento di micro-pratica. Ancoriamo insomma un comportamento negativo ( il tic nervoso) nel suo opposto, ovvero in un gesto benefico, qual’è la pratica di qualche secondo di mindfulness, la ripetizione di un mantra o quel che risulta più efficace per te. Da qui il nome di “ancoraggio invertito”.

Un esempio di applicazione delle tecnica

Questo è un esempio di come si presentano gli output della tecnica svolta su due giorni di notazioni:

Nota come in alcune fasi della giornata, sopratutto verso il tardo pomeriggio, il numero di crocette aumenta. Questo indica che mi sono stati necessari più di 10 cicli respiratori completi per ripristinare un livello di consapevolezza “accettabile” in quel momento, perchè ero evidentemente più stanco, distratto o assorbito in qualche paranoia del momento.

In altri casi le crocette risultano più distanti una dall’altra, perchè in quei casi, la pausa tra un ciclo respiratorio e l’altro è stata più lunga.

Praticando in questo modo, a fine giornata potrai avere la “prova scritta” di aver trascorso almeno un certo quantitativo di respiri in modo cosciente. Certo si spera che ce ne siano anche altri di momenti consapevoli durante la giornata, ma quando le cose si mettono male, e la soglia di consapevolezza si abbassa, avere un chiaro riscontro di quanto ci siamo impegnati ad essere consapevoli nonostante tutto, può essere di conforto e dare motivazione.

Risposte alle obiezioni e dubbi più frequenti

Eh ma non è che col lavoro che faccio posso interrompere quel che sto facendo per mettermi a fare crocette, io ho delle responsablità!

Certo, se sei un neurochirurugo e stai operando a cuore aperto, non puoi fermare tutto per annotare i tuoi respiri su un taccuino. In casi simili (credo piuttosto rari ) potresti limitarti, se riesci, a contare qualche respiro mentalmente, o ripetere un semplice mantra del tipo:

Inspirando: “Io non penso, io non faccio, io non sento
Espirando “Io sono

oppure

Inspirando: “sono consapevole di inspirare
Espirando: “sono consapevole di espirare“.

-> Cerca di sentire bene il significato delle parole, ripeterle solo mentalmente serve a poco / nulla

L’importante è riuscire a passare da uno stato di scarsa o nulla consapevolezza ad uno in cui siamo anche solo un pò più consapevoli e padroni di noi stessi e del nostro vissuto.

Sul lavoro son talmente stressato che non mi basterebbero nemmeno 20 crocette per volta, e dovrei passare tutto il tempo a scrivere anzichè lavorare!

Quando i livelli di stress si alzano oltre una certa soglia di intensità e frequenza, applicare questa tecnica diventerà inevitabilmente più difficile. Verrà percepita probabilmente come un ennesima fonte di stress anzichè come una fonte di recupero di presenza mentale. Fa parte del gioco. In questi casi, riuscire ad annotare per bene, minuziosamente, anche solo due o tre respiri può fare già una grande differenza nello stato di coscienza di quel momento. Provare per credere.

A volte son talmente stressato al lavoro, e vittima del pilota automatico, che non mi accorgo nemmeno di mangiarmi le dita, o tamburellare con i piedi per terra o mangiare noccioline come una scimmia. Se il foglio a fine giornata ha solo due righe di crocette, significa che ho avuto solo due volte dei tic nervosi al lavoro, oppure che ne ho avuti un sacco ma mi sono dimenticato di annotarli?

Beh questo puoi saperlo solo tu.:-) E’ naturale che in momenti di pressione non ci si accorga neppure di aver innescato comportamenti automatici, a seconda del livello di consapevolezza in cui ci si trova. Avere il foglio bianco a fine giornata può voler dire sia che hai avuto una giornata terribile, senza un momento di respiro – letteralmente – sia che ne hai avuta una fantastica di totale e continua presenza mentale.

Solo tu puoi sapere, e dentro di te lo sai bene in realtà, se hai fatto del tuo meglio per mettere in pratica la tecnica. Come dicevamo all’inizio, è necessaria una certa dose di intenzione e coinvolgimento perchè la tecnica dia i suoi frutti ( ingrediente 4)

Se sul lavoro sono assorbito e concentrato in quel che faccio, perchè dovrei mollare tutto e interrompere il flusso? 

Quando sei realmente concentrato sull’attività che hai sotto mano in quel momento, senza paranoie e ruminazioni mentali, significa che sei già consapevole e presente, quindi non hai teoricamente bisogno della tecnica.

Se però in quel momento ti ritrovi invischiato in qualche comportamento automatico o tic nervoso di quelli che ho riportato, questo è in genere un segnale inequivocabile, almeno nel mio caso, che non sono totalmente coinvolto e presente, perchè una parte di me è letteralmente partita per la tangente.

Nel mio caso specifico, dove l’abitudine di “innesco” è quella di mangiarmi le dita, quando porto le mani alla bocca, invariabilmente non sono totalmente presente a me stesso, ma sto ruminando qualcosa nella testa, ho dei dubbi o sto pensando a qualcosa in modo disordinato/compulsivo e quindi quello è per me un segnale infallibile che non sono pienamente consapevole.

Se fossi totalmente conscio, del resto, non sarei così sadico da torturare le mie povere dita fino a farle dolere, e non lascerei girare la testa e il cuore in modo improduttivo intorno a stati emotivi o dubbi che non mi aiutano di fatto a risolvere il problema che ho sotto mano in quel momento.

Conclusioni

Questa tecnica non pretendo funzioni per tutti, ma con me si è rivelata particolarmente efficace nell’aiutarmi a ritrovare me stesso (“il ricordo si sè di Gurdjeff” ) schivare gli stati di trance e di ruminazione compulsiva che così spesso mi assalgono durante le ore di lavoro.

Sopratutto nei giorni più stressanti dove il pilota automatico è dietro l’angolo pronto a prendere il sopravvento, l’ancoraggio invertito mi viene in soccorso, e spero possa rivelarsi utile anche per te.

Se avrai modo di provare la tecnica, fammi sapere come è andata nei commenti qua sotto.

 

2 commenti su “La tecnica dell’ancoraggio invertito: come sfruttare le abitudini negative per portare più consapevolezza durante le ore di lavoro”

  1. sono abbastanza consapevole degli automatismi sul posto di lavoro, il respiro è una delle tecniche che funziona di piu’ e quella che mi ricordo di meno di usare accipicchia ..grazie per avermelo ricordato, giuliana (altre 2 ore di sabato davanti al computer con questo allenamento all’autocoscienza e attenzione al mio sé consapevole, l’allenamento che preferisco).oltre all’ho oponono che uso ritualmente dati i casi disperati di desolazione che mi circondano ma che (seppur lentamente) migliorano…grazie di nuovo.

  2. Ciao Giuliana,
    è sempre così, le tecniche che funzionano di più son proprio quelle che ci dimentichiamo di usare.
    Mi fa piacere che l’articolo ti sia stato utile.
    A presto
    Roberto

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